Da alcuni anni (circa dal 2005), nel condurre sessioni di Vivation mi focalizzo enormemente sul sostenere l’abilità del cliente a “lasciare andare” l’espirazione, a “non controllare” in alcun modo l’uscita dell’aria – né trattenerla, né forzarla. Raggiungere questo risultato è spesso particolarmente difficile: per una serie di cause, la maggior parte delle persone non è davvero così “disponibile” a lasciare andare il controllo, e questa incapacità si riflette inevitabilmente nella loro espirazione.
Alla base del problema c’è sempre la PAURA, conscia e/o inconscia.
Le ragioni che hanno portato la mia attenzione su questo aspetto sono state principalmente due.
La prima è la teoria del dottor Buteyko (1923-2003), diffusa in Italia da Maria Rosa Chicco nei suoi due libri “Vivere di più respirando meno” e “Attacco all’asma”.
Secondo questa teoria, il modo di respirare che abbiamo più o meno tutti è una sorta di “iperventilazione” che porta ad un dis-equilibrio del rapporto tra Ossigeno ed Anidride Carbonica (CO2) nella miscela d’aria presente all’interno dei nostri polmoni.
Buteyko individua nell’Anidride Carbonica il co-fattore necessario all’assorbimento dell’Ossigeno nel sangue e nei tessuti (ossiemoglobina).
E l’iper-ventilazione non porterebbe ad una iper-ossigenazione, ma ad una ipossia (carenza di ossigeno) che genererebbe il paradosso “più aria introduco, meno ossigeno ho a disposizione”. Respiriamo troppo… e questa carenza di ossigeno (bio-disponibile) porta ad una quasi infinita serie di problematiche, che vanno da semplici “disturbi” a vere e proprie “malattie”, finanche alle estreme conseguenze (morte). L’autrice ipotizza che l’asma sarebbe addirittura un meccanismo difensivo del nostro corpo per evitare la perdita di CO2, restringendo le vie respiratorie e provocando spasmi e contrazioni, obbligandoci in pratica a “respirare” di meno.
Lo scopo di questo breve articolo non è di spiegare, approfondire o confutare questa teoria sul chimismo all’interno del corpo. Dirò solo che, dopo aver fatto numerosissime osservazioni sia personali che con i miei clienti, la mia esperienza ha evidenziato che il problema non è assolutamente respirare “troppo”, ma respirare “male”.
Non occorre respirare di meno e ridurre il flusso d’aria (e, conseguentemente, di Prana) o fare delle apnee per equilibrare l’O alla CO2 .Il necessario rapporto tra O e CO2 si ristabilisce immediatamente non appena cessiamo ogni forma di controllo sull’espirazione. L’Anidride Carbonica ha bisogno dei suoi tempi per veicolare nei nostri polmoni, e qualsiasi tentativo di trattenere l’aria o forzarne l’uscita “guasta” le corrette proporzioni tra i due gas.
La seconda ragione è nata dalla tipologia generale dei miei ultimi clienti, per lo più donne, che soffrivano di “crisi d’ansia” ed “attacchi di panico” (D.A.P.*).
C’è sicuramente una grande relazione tra il modo di respirare e la paura.
Il controllo sull’espirazione innesca il meccanismo del “bàttiti o bàttitela” (combatti o fuggi). L’idea di “non poter controllare” le cose, di non avere la situazione “sotto controllo”, diviene un circolo vizioso che genera e rigenera l’Energia della Paura, indipendentemente da una causa ben precisa. La mente provvede poi ad “appiccicare” un significato, spesso collegato all’evento che stavamo vivendo al momento dell’attacco/crisi. Per cui, poi, la persona dice: “non riesco più a mettermi in coda agli sportelli”, “non posso più entrare nei supermercati affollati”, “ho il terrore di guidare l’auto”, etc. etc.
Parlando con queste persone, nel 90 per 100 dei casi è emerso che tra i 6 ed i 24 mesi precedenti alla prima “crisi”, esse avevano vissuto un periodo più o meno lungo di forte pressione (come la paura per la salute e la vita di un proprio congiunto, o avere ricevuto ripetute minacce dalla malavita, o la fine di una relazione importante) che le aveva costrette in un forte stato di stress, in cui era necessario cercare di non farsi travolgere, di reagire e combattere, e stare in guardia il più possibile per se stesse e per gli eventi. Questa necessità aveva instaurato un sistema di espirazione controllato, che era divenuto l’abitudine.
Cessato il “pericolo”, questo sistema di espirazione ha continuato ad alimentare un certo tipo di Energia, che sfogava dando luogo a queste “crisi”.
Da qui, la necessità di “imparare nuovamente” a respirare, a rilassare l’espirazione per ricreare una corretta abitudine che sostituisse la modalità attuale.
“Creare la zona di sicurezza” significa creare un ambiente ed una situazione “sicuri” per il cliente. L’idea è di eliminare qualsiasi condizione che potrebbe favorire un suo “stato di all’erta”. Il cliente dovrà sentirsi protetto e totalmente al sicuro in ogni direzione: solo acquisendo questa sensazione di sicurezza egli si sentirà libero di “lasciarsi andare” completamente. In alcuni casi, la sensazione perenne di “paura incombente” ha talmente influito sul suo modo di respirare che il controllare l’espirazione è divenuta la normalità.
Ecco alcuni suggerimenti:
- Rassicurare sulla nostra Professionalità ed Etica.
Occorre far capire al Viver che siamo molto qualificati ed esperti nel lavoro che facciamo, e che il segreto professionale tutelerà senza eccezione la sua “privacy”. - Eliminare ogni condizione che possa favorire uno “stato di all’erta”.
Possiamo verificare davanti al Viver che il cellulare è spento e che il telefono fisso è staccato; fare percepire chiaramente che siamo soli, che non aspettiamo nessuna visita, magari mostrando di chiudere a chiave la porta d’ingresso, in modo che nessuno potrà entrare all’improvviso nella stanza durante la sessione. - Stabilità
Se il Viver vuole fare la sessione da sdraiato, evitare lettini da fisioterapia – troppo alti e stretti – che inducono lo stato di vigilanza per la “paura” di cadere; meglio il pavimento, che è una base certa e solida, e permette al Viver di allargare le braccia senza che caschino verso il basso. Possiamo rendere più caldo e confortevole il pavimento usando tappetini di gommapiuma o un TATAMI **.
Se il Viver vuole fare la sessione da seduto, consiglio di usare poltrone in stoffa (no pelle o similpelle) tipo “chaise longue”; scegliete la poltrona privilegiando sempre la “sensazione di sicurezza” (stabilità) nel sedersi al “design estremo”. - Pulizia
Molte persone hanno repulsione riguardo l’uso di coperte, per via della polvere (allergia) e dell’igiene in generale: badate ad avere coperte sempre profumate di bucato, e prima di usarle – porgendole come un qualcosa di prezioso – aggiungete qualche commento che ne faccia comprendere la pulizia (ad es. sulle tintorie che hanno prezzi sempre più alti o sulla fragranza dell’ultimo ammorbidente usato).Se il Viver farà la sessione da seduto, potete usare un rotolo di carta apposita (che va gettata ogni volta) o un lenzuolo bianco, che stenderete sulla poltrona SOLO un attimo prima della sessione.
Ricordate che non a tutti è gradito l’incenso: è pur sempre una sorta di “fumo”, e può irritare la gola. Se proprio volete usarlo, meglio prima o dopo la seduta, non durante. - Distanza di Sicurezza.
Ponetevi alla distanza più adatta per guidare la seduta di ogni specifico Viver, che sarà quella in cui lo vedrete più a suo agio. Non invadete il suo spazio, non alitategli addosso. Fate delle prove in modo molto delicato, usando intuizione e sensibilità.
Non esiste una regola per tutti. Alcuni Viver vorrebbero essere presi per mano ed accompagnati nel “viaggio”, ma altri stanno invece all’erta, perché con gli occhi chiusi si preoccupano di dove il Coach potrebbe toccarli. - Assenza di Giudizio e Critica.
Durante la sessione, rilassate il vostro viso ed apritevi alla compassione ed alla comprensione. Ogni Vive Pro sa che al Viver va sempre evidenziato quanto già lo stia facendo bene, piuttosto che sottolineare imperfezioni tecniche. Fate in modo che l’espressione del vostro volto ed il rilassamento del vostro corpo rispecchino questa attitudine, sia che siate in silenzio o che stiate dicendo qualcosa.
Il Viver cerca sempre di leggere nella nostra espressione delle conferme – se approviamo o disapproviamo quanto sta facendo. Sovente, un sorriso vale più delle belle parole.
Nelle sessioni individuali ai nostri allievi, tutte queste attenzioni nel “creare la zona di sicurezza” vi ripagheranno ampiamente. Il cliente, avvertendo l’ambiente come “sicuro al 100%”, riuscirà molto prima a lasciarsi finalmente andare e ad ottenere grandi integrazioni.
In alcuni casi – in persone molto tese che avevano una forte tendenza al controllo – ho visto “lasciare andare” l’espirazione già dopo solo una decina di minuti dall’inizio della prima sessione !
Sarò lieto di ricevere ogni vostro commento, condivisione o suggerimento riguardo questo articolo.
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* D.A.P. : acronimo di “Disturbi da Agorafobia, crisi di Ansia e Panico”
** TATAMI : pannello rettangolare fatto con paglia di riso intrecciata e pressata, generalmente di dimensione cm. 90×180 o cm. 100×200, spessore tra i 4 e i 6 cm., spesso utilizzati affiancati l’uno all’altro per la pavimentazione di palestre (Arti Marziali)
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